Il testo è liberamente tratto dal volume del 1987 “La Misericordia di Anghiari – Una lunga vita per gli altri” di Loris Babbini e Alberto Benedetti.
Verso la metà del Trecento si assiste in Italia, sia in ambiente cittadino che rurale, alla nascita di numerose “compagnie”, che sorgono con fini religiosi e di assistenza.
Il succedersi di alcune catastrofiche pestilenze (1348, 1363, 1374) può essere stato un elemento importante nel determinarsi di uno stato d’animo più attento verso le esigenze dello spirito e i bisogni del prossimo. Il fenomeno è assai diffuso in Toscana e presente in modo non trascurabile in Anghiari, dove continua durante i secoli seguenti fino alle leggi del 1783 con cui il granduca Pietro Leopoldo sopprime numerosi enti religiosi e assistenziali.
Cerchiamo di esaminare, anche se in modo piuttosto sintetico, alcune compagnie presenti in Anghiari a partire dal 1348.
“Compagnia di Santa Maria della Misericordia” detta “Compagnia dei Neri” (1348).
Viene eretta nel 1348 per seppellire i morti della peste e per accompagnare al luogo del supplizio i condannati a morte del Tribunale di Anghiari. E’ una compagnia di uomini e di donne con cappa nera, detta per questo la “Compagnia Nera”, i quali questuano per i detenuti nelle prigioni pubbliche. Ha residenza in “Via della Vecchia” (oggi Via delle Mura di Sopra): all’esterno dell’edificio sono ancora visibili i resti dell’antico portale della Chiesa.
Forse per prevenire in qualche modo gli effetti delle drastiche leggi leopoldine, agli inizi del 1783 viene deliberato dai confratelli della Misericordia di “aggregarsi e formarsi una sola Compagnia con quella del Corpus Domini e di Sant’Antonio”. Purtroppo i provvedimenti legislativi granducali hanno il loro corso con la soppressione della compagnia il 3 ottobre 1785.
“Fraternita di Santa Maria del Borghetto”, detta la “Fraternità di Anghiari” (1348).
La Compagnia ha origine nel 1348, al tempo della peste, per iniziativa di alcuni “Buonomini” anghiaresi, che vanno nelle case a rifocillare i poveri ammalati e a proprie spese fanno le esequie ai deceduti. Gli anghiaresi, vedendo ciò, per devozione alla Madonna del Borghetto, lasciano più di 5000 scudi in beni immobili, da distribuire ai poveri. Cessata la pestilenza nel paese, nell’anno 1349 istituiscono un Luogo Pio sotto il nome di “Fraternita di S. Maria del Borghetto”. I sei “fratelli” fondatori avvisano i Perugini, che hanno il potere su Anghiari, ed essi impongono, per governare la Fraternita, un Magistrato composto di sei Priori e un Camarlingo, eleggibili ogni sei mesi. Nel 1353 i Priori pensano di edificare un ospedale dedicato a S. Martino, nella Ruga della Croce, e gli assegnano una parte dei beni della Fraternita, pari ad un’entrata di staia 174 di grano ogni anno. Nel 1410 la famiglia Bigliaffi di Anghiari erige un secondo ospedale, che, dopo l’estinzione della famiglia avvenuta nel 1738, passa alla Fraternita, così che a questa epoca esistono nel paese due ospedali, dei quali il primo è destinato a ricevere i pellegrini e i bastardelli (così vengono annotati negli atti i nati da ignoti genitori), il secondo, cioè l’ospedale di S. Maria della Misericordia, contiguo a S. Giovanni (nell’odierna Via Taglieschi), destinato alle donne malate; anche la sua entrata consiste in grano, che il Camarlingo annualmente ritira da 12 affittuari ed è pari a 84 staia e 11 coppe. Al Magistrato del Bigallo di Firenze, dal quale dipendono i due enti anghiaresi, viene corrisposto ciò che avanza dalle rispettive annate amministrative.
Nella prima metà del `700 i due ospedali vengono soppressi per mancanza di mezzi economici e le loro rendite vengono incamerate dal R° Ufficio del Bigallo di Firenze. La Fraternita fino al 27 maggio 1827 continua a corrispondere a pagare lo “spedaligno”, ossia il ricevitore dei “bastardelli” inviati all’Ospizio. Tale contribuzione prosegue (portata a L. 290) fino a che la Fraternita rimane in vita ed è annotata nei suoi rendiconti quale “Legati di Culto accollati al R° Orfanotrofio del Bigallo di Firenze”. Nell’onere complessivo sono comprese L. 6,72 al campanaro (Capanni Agostino nel 1915) “per aver suonato la campana di S. Agostino per il credo agli agonizzanti”. Già nel XVII secolo la Fraternita aveva beneficiato della eredità di messer Vincenzo Dainelli, depositata al Monte di Pietà di Firenze, con l’obbligo per i Priori di corrispondere 50 scudi di dote a tutte le parenti del defunto che si dovessero maritare o “monacare” e, se queste non c’erano, di destinare 25 scudi di dote a due fanciulle povere.
Riesce ad evitare, dopo una lunga ed accesa vertenza, sia la soppressione, già decretata con Rescritto Granducale del 7 gennaio 1796, sia altri tentativi di accumunarne il patrimonio con quello della Comunità di Anghiari. Si deve infine uniformare alla disposizione della legge 22 luglio 1890 sulle istituzioni pubbliche di beneficenza e, insieme con le Opere Pie Fontana, Ligi, Barbolani e col lascito Gigli, viene concentrata nella locale Congregazione di Carità.
La Fraternita con i fondi che ha a disposizione eroga sussidi al domicilio degli infermi, sussidi per il latte, gli studi e le doti, sovvenziona le prestazioni del Comune nel campo della salute e della istruzione pubblica. E a suo carico il mantenimento del maestro di umanità e retorica, concorre alla corresponsione dello stipendio ai medici condotti. Provvede alla spesa della scuola di musica per strumenti ad arco istituita nell’anno 1898, elargendo premi agli alunni più meritevoli. Sono a completo suo carico i sussidi ai poveri colpiti da male cronico. Provvede all’illuminazione serale delle Sacre Immagini secondo le consuetudini locali. Interviene là dove più si manifestano necessità economiche di assistenza e pubblica beneficenza. Lo stemma della Compagnia è costituito dalle lettere M F intrecciate, di colore rosso in campo d’argento.
Le sue cospicue rendite, che le avevano permesso di finanziare talvolta le stesse attività del Comune, vengono ridotte a poca cosa dalla svalutazione, fatto che impedisce alla Fraternita di continuare il programma sociale svolto per secoli. Viene soppressa per legge nel 1980 in quanto classificata fra gli enti ritenuti inutili. Resta, come ricordo di una così lunga e importante attività, l’immagine di terracotta invetriata della bottega di Andrea della Robbia, collocata in alto dietro l’altare maggiore della Chiesa Propositurale di Anghiari: è Santa Maria della Misericordia del Borghetto.
“Compagnia di S. Antonio, S. Iacopo e S. Cristoforo” (1398).
E’ una compagnia di uomini “disciplinati” con sede nella piazza del Mercatale (oggi Piazza Baldaccio Bruni). Sorge nel 1398 quando si verifica in tutta l’Italia Settentrionale, sconvolta dalle guerre, un movimento di popolo, che da ogni parte si riunisce invocando pace e misericordia.
Il movimento aveva preso origine in Provenza da un religioso francese; sotto l’invocazione di 5.Antonio le moltitudini, indossando una veste bianca con una croce a modo di vessillo, per dieci giorni a pane ed acqua, andavano di terra in terra chiedendo in umiltà una tregua della funesta situazione, invitando tutti a fare un po’ di penitenza, cantando litanie, visitando santuari e reliquie insigni. E’ così che anche gli Aretini in gran numero si dirigono in processione ad Anghiari e da qui proseguono per Perugia, seguiti da 30 “bianchi”, anghiaresi, i quali, di ritorno, conservano l’abito bianco e il nome di “disciplinati”, fondano la Compagnia di S. Antonio, aggiungendovi anche i nomi di S.Iacopo e S. Cristoforo, poiché il ritorno è avvenuto nel giorno onomastico dei due Santi.
La Compagnia fonda l’ospedale di S. Antonio del Mercatale, per cui è anche chiamata la Compagnia dell’Ospedale di S. Antonio fuori del Ponte. Uno dei “bianchi”, Andrea del Pecora, dona la sua casa, posta nella piazza suddetta per farvi la Chiesa e uno spogliatoio.
La peste del 1411 impedisce notevolmente questa edificazione e non viene fatto altro che la facciata in pietra quadrata. Nella prima battaglia d’Anghiari le soldatesche viscontee mettono a sacco Anghiari: la chiesa di 5.Antonio è depredata e bruciata, viene perfino rubato il libro dei capitoli; nel 1428 Piero di messer Guido Bonciani, vicario fiorentino di Anghiari, provvede al restauro della sede dopo le rovine subite, che hanno causato una vera battuta d’arresto nell’attività della Compagnia. Nel 1499 viene fatta costruire una volta di mattoni sopra la Chiesa, alla quale è sopraelevato il tetto. Pochi anni dopo, nel 1512, Lorenzo di Bartolomeo Taglieschi, detto Margutte, fa costruire il nicchio di pietra dove si ripone l’immagine di S. Antonio. Viene costruito anche un portico dinanzi la Chiesa con colonna di legno, ma, bruciato, viene rifatto con colonne di pietra: è demolito nel 1625 perché minaccia rovina.
Il 18 agosto 1621 è traslata nella Chiesa di S. Antonio l’immagine della “Madonna dell’ospedale de’ Bigliaffi”, cioè l’ospedale di S. Maria della Misericordia, detto anche di S. Giovanni, in attesa che sia edificata una nuova chiesa, dove trasferirla definitivamente.
La Compagnia viene soppressa nel 1785.
“Compagnia del Santissimo Crocifisso o Corpus Domini” (1506).
E’ una compagnia di uomini con sede presso la Badia (oggi locali della Confraternita di Misericordia), istituita l’anno 1506 da quattro devoti anghiaresi con lo scopo di accompagnare il Santissimo Sacramento e di seppellire i morti che non sono fra gli iscritti delle altre Compagnie.
Solo chi è abitante nel paese può essere accettato fra gli iscritti, che vestono la “cappa turchina” con l’uso dei guanti, disposto dal 1532, per coloro che sono preposti a portare il baldacchino nella processione della solennità del Corpus Domini.
Notevole fra i beni della Compagnia “un Crocifisso con le braccia snodate” e una “Deposizione di Croce”, a olio, dipinta l’anno 1515 da Domenico Puligo, pittore fiorentino.
La soppressione della Compagnia avviene nel 1785.
“Compagnia dello Spirito Santo” poi “CONFRATERNITA DI MISERICORDIA”.
Le origini.
Con decreto granducale del 5 novembre 1791 viene ripristinata in Anghiari la Compagnia o Confraternita dello Spirito Santo. La Compagnia era stata fondata nel 1564 per iniziativa di alcuni giovani anghiaresi, che si erano assunti l’incarico di soccorrere i poveri infermi e di seppellire i morti. Aveva la propria sede ed oratorio nella chiesa della Madonna dello Spirito Santo del Terrato, di recente costruzione. L’istituzione nel 1599 nella chiesa del Terrato per volontà di Angelica di Piero Canicchi di una cappella, dotata di 24 staia di terra e di 350 scudi di affitti, ed il patronato affidato alla Compagnia, costituiscono il primo lascito e il primo segno tangibile dei meriti acquisiti dalla associazione. Da questo momento non abbiamo più notizie documentate della sua vita e della sua attività; sappiamo però che il 21 marzo 1785 viene soppressa insieme alle antiche confraternite con legge granducale.
Il 22 marzo è costituita in ogni parrocchia una Compagnia della Carità, destinata ad esercitare le opere di misericordia spirituali e corporali prima svolte dalle compagnie soppresse, che vengono private anche dei loro beni, incorporati ai patrimoni ecclesiastici diocesani, a carico dei quali è messa l’istituzione delle nuove Compagnie di Carità. L’attività di questi enti è difficile e avversata; in molte parrocchie non riescono a raccogliere nessun iscritto. Il fatto è che nascono in modo autoritario, per volontà del governo, a sostituire attive e benemerite associazioni che per secoli hanno operato a favore delle Comunità che le hanno fondate.
Questo spiega e ci fa capire la ragione della ricostituzione e del riconoscimento legale, pochi anni dopo, della Compagnia dello Spirito Santo, prima da parte del Governo Granducale, poi del Vescovo di Arezzo.
Le vicende politiche interferiscono ancora in modo decisivo con la vita della Compagnia: in occasione dell’occupazione della Toscana fatta dai Francesi viene nuovamente soppressa. La sua attività in quegli anni deve avere incontrato molte difficoltà, pur nella generale volontà dei confratelli di disimpegnare gli uffici ai quali si sono obbligati. Cessato il dominio napoleonico e ritornato il governo di Ferdinando III, granduca di Toscana, la Compagnia si ricostituisce nuovamente, con oratorio nella chiesa di S. Bartolomeo Apostolo, detta la “Badia”; è in questa occasione che aggiunge al titolo dello Spirito Santo anche quello del SS. Crocifisso.
Ne vengono approvati con decreto sovrano i Capitoli. Il 14 ottobre 1817 viene anche approvata dal Vescovo di Arezzo la nomina di don Filippo Morgalanti a cappellano della Compagnia. Il motivo della ricostituzione ufficiale dell’associazione, oltre che nel desiderio di porre termine in Anghiari alla mancanza “d’ogni e qualunque siasi confraternita o compagnia”, è soprattutto di ricercare nei meriti che la Compagnia si procura in occasione dell’epidemia di tifo dell’estate del 1817. Infatti provvede sia nel paese sia nei dintorni a trasportare con una lettiga a spalla, costruita a sue spese, i colpiti dal morbo al lazzaretto e i morti dalla parrocchia alla chiesa e al cimitero; s’impegna inoltre alla disinfestazione dei poveri colpiti dal contagio.
A questo tempo la Compagnia aggiunge alla sua uniforme il “cappello” simile a quello della Misericordia di Firenze, per cui viene comunemente chiamata “Confraternita di Misericordia”. La sua intensa attività è documentata negli antichi carteggi: sì tratta di questue per i carcerati, per gli infermi, di trasporto di malati. Il disimpegno di obblighi è così diligente, che il 9 luglio 1819 le viene aggregata, dopo essere stata soppressa, la Compagnia della Carità, che probabilmente non è riuscita dalla sua fondazione nel 1785 a decollare e ad inserirsi profondamente nell’attività caritativa del paese.
I capitoli del 1817.
I Capitoli del 1817 sono la prima raccolta, che possediamo, di norme riguardanti la Compagnia. E’ interessante analizzarle in modo piuttosto analitico, anche se sono state scritte in un’epoca abbastanza vicina, perché senz’altro rispecchiano la situazione della Compagnia nella seconda metà del 1700, alla quale fanno ripetutamente cenno nella Premessa, e forse, nella semplicità di alcune rubriche, richiamano comportamenti anche precedenti. Gli scopi principali della Compagnia sono il servizio di Dio e la carità verso il prossimo. Il primo aspetto si concretizza nell’assistenza al parroco durante le sacre funzioni e nelle processioni, nell’intervenire alle quarantore, nella recita dell’uffizio della S. Croce, nella visita processionale alle chiese del territorio la mattina di Pasqua.
L’obbligo per dieci confratelli, a turno, di accompagnare il sacerdote che porta le comunioni e il viatico agli infermi è la premessa per l’impegno, più propriamente caritativo, dell’assistenza domiciliare dei malati e del trasporto dei defunti alla chiesa e al cimitero. In tutte queste occasioni gli affiliati devono indossare l’”uniforme” della Compagnia, con la quale verranno sepolti e che ha costituito nei secoli l’elemento di maggiore caratterizzazione e conservazione. E’ formata da una cappa color piombo di tela mediocre con cappuccio o buffa, cinta alla vita da un cordone; dalle ghette; da una immagine di Gesù crocifisso, dipinta su un piccolo ovale e collocata in alto a sinistra sulla cappa: intorno all’immagine le parole “Compagnia dello Spirito Santo e del SS. Crocifisso della terra d’Anghiari”. Un cero portato nella mano completa la figura dei confratelli, che devono essere in tutto simili l’uno all’altro. L’unico che si distingue è il Governatore, che porta sopra la cappa una lista di panno o botolo color celeste e un medaglione, anziché di stoffa, in argento.
I magistrati più importanti della Compagnia, cioè il governatore, il camarlingo, il cancelliere, i due sindaci revisori, sono eletti, a maggioranza, dai confratelli, che si riuniscono a questo scopo “ogni anno, nel giorno della domenica fra l’ottava del SS. Crocifisso”. Il governatore è “il primo ufficiale della Compagnia”. Viene eletto per un anno, la carica non può essere rinnovata in modo continuativo. Sovrintende a tutti gli interessi della Compagnia, è il promotore di ogni iniziativa, esempio di pietà nelle parole e nelle opere. Gli devono tutti obbedienza, nelle sue mani giurano i nuovi confratelli prima della vestizione. Insieme al camarlingo, il secondo ufficiale, che cura la tenuta dei libri contabili delle entrate e delle uscite, è responsabile della gestione economica e in quanto tale tutte le spese devono essere autorizzate da lui. Il cancelliere svolge la funzione di segretario: scrive le deliberazioni, tiene l’elenco dei confratelli, conserva i libri dei partiti e dei saldi. I sindaci revisori controllano la correttezza dei conti e li convalidano, anno per anno. Vengono inoltre eletti ogni anno sei festieri: devono raccogliere offerte ed elemosine nel paese e nelle campagne, da destinare al mantenimento dei lumi al Santissimo Sacramento.
Esiste infine la figura un po’ particolare del bidello o garzone, che, una volta eletto, sta in carica a vita e viene provvisto del vestito dalla compagnia stessa; dipende dagli ordini degli ufficiali e ha come compito fondamentale quello di portare, in tutte le occasioni, l’immagine del SS. Crocifisso. Gli altri incarichi, che vengono assegnati per estrazione a sorte, hanno lo scopo di garantire la partecipazione dei confratelli e l’espletamento dei servizi. I mazzieri devono controllare la presenza degli iscritti alle varie adunanze, informarne il camarlingo e vigilare sul buon ordine nelle processioni. I quattro portamorti, che svolgono un compito estremamente gravoso e nello stesso tempo centrale nell’attività della Compagnia, sono incaricati del trasporto dei defunti dalla casa alla chiesa e poi al cimitero. Completano il quadro degli incarichi i due infermieri. A differenza di tutti gli altri vengono nominati dal governatore per uno scopo, che diventerà tipico dell’attività futura della compagnia e che, per il momento, viene svolto solo a favore dei confratelli: l’assistenza domiciliare agli infermi. E’ un’assistenza soprattutto morale, da svolgere con “fraterna carità”, tenendo presenti anche le necessità spirituali del malato al quale avranno premura di “ricordare la frequenza dei sacramenti”.
Le necessità economiche della Compagnia, oltre che da lasciti e da questue, sono soddisfatte dai confratelli, che hanno l’obbligo del versamento di determinate quote ogni anno ed in particolari occasioni; esistono una specie di tassa di “entratura” nella Compagnia, una quota annua di iscrizione, la sottoscrizione per fare l’uffizio ai fratelli de funti. L’iscrizione alla Compagnia non è subordinata a nessuna condizione di carattere economico, sociale, politico, ma soltanto ad un’età minima (16 anni) e, in particolare, all’onestà e al comportamento morale della persona. E, siccome la vita dell’associazione è tutta incentrata sulla volontarietà e sulla partecipazione, l’unico motivo di espulsione è il continuato e ingiustificato non adempimento degli obblighi statutari.
L’aspetto più propriamente religioso della Compagnia è curato dal cappellano, eletto di comune accordo tra la Magistratura e l’autorità ecclesiastica; aspetto religioso che, incentrato nel servizio di Dio e nella preghiera comune, costituisce il presupposto profondo e indispensabile del senso della fratellanza, della solidarietà, della carità verso il prossimo.